sabato 15 gennaio 2011

Ora basta, divergenze chiude.

Diciamoci la verità, questo blog attualmente fa abbastanza schifo. L'idea iniziale era carina, e finché ho seguito il filone narrativo americano, mi sono usciti anche dei post apprezzabili. Poi da quando ho ricominciato a lavorare mi si è prosciugata la vena dell'ispirazione, e a parte un paio di post di viaggi, questo posto si è trasformato in uno sfogatoio delle mie frustrazioni che fondamentalmente non interessano a nessuno. L'importante è esserne consapevoli e darci un taglio.

venerdì 14 gennaio 2011

Valencia

Se ne sentiva il bisogno di questo viaggio. Santa Ryanair che me l'ha permesso, facendomi prenotare il volo con 24 euro. Praticamente io a Valencia non ci sarei mai andata, un giorno ho fatto un giro nelle tariffe promozionali, e ho comprato il volo che costava di meno per la località in cui non ero mai stata. Ma per fortuna! Valencia è stata una felice scoperta, una città calda, pulita e accogliente, come potete vedere anche dalle foto. Di sicuro mi è andata benissimo col tempo, le massime sono state sui 20-22 gradi tutti i giorni, e passeggiando sulla spiaggia si potevano vedere ragazzi scalzi che giocavano a pallone. Fin da quando arrivi, più che in una città del Sud ti sembra di essere in Scandinavia, per quanto tutto è organizzato. Appena esci dall'aereoporto una metropolitana veloce ti porta in centro in meno di mezz'ora per soli tre euro. Io sono scesa alla stazione, e mi sono ritrovata davanti questo viale alberato, che sbuca in una piazza con una fontana. A lato poi c'è l'arena dei tori, che sembra quasi un colosseo. Andando dritto oltre la fontana si arriva nella piazza della cattedrale, che è particolare perché dalla facciata non sembra niente di che (ora che passo davanti quotidianamente al duomo di Firenze ho delle pretese in questo senso), poi invece se ci si fa un giro intorno si scopre che la parte dietro è molto più curata e si affaccia su un'altra piazza. In ogni angolo della città c'è un particolare che trasuda storia, a partire dai buchi con cui le palle di cannone hanno scalfito le torri a lato di uno dei portoni di ingresso al centro storico. Come mio solito ho alloggiato in ostello, questa volta in camera mi sono ritrovata una ragazza australiana e una della repubblica ceca. Quest'ultima era appena arrivata a Valencia per trascorrere i sei mesi di Erasmus, era insicura e spaurita, ma sono sicura che si divertirà, tutto intorno era pieno di bar e pub. La ragazza Australiana invece stava vagando per l'europa da tre mesi, mi ha spiegato che per loro dopo la laurea questo è un viaggio quasi obbligatorio, perché il volo gli costa così tanto che per ammortizzare poi devono vedere tutto. Non ha tutti i torti. Lei invece era poco spaurita. Una sera è uscita alle otto dicendo "vado a mangiare un panino, ci vediamo fra cinque minuti". E' rientrata in camera alle cinque del mattino prima inciampando e poi vomitando. Rock'n'roll.

giovedì 30 dicembre 2010

Del lavoro natalizio e di Palazzo Pitti

Questi giorni di festa dopo la tempesta stanno volando via velocissimi. Le due settimane prima di natale, lavorativamente parlando invece sono state un discreto incubo. 
Il mio più grande errore di valutazione è stato pensare che occuparsi del customer care di un'azienda che vende biglietti di spettacoli su internet, fosse la stessa cosa di occuparsi del customer care di un'azienda che vende abbigliamento su internet. Nel primo caso, si assiste il cliente fino all'acquisto, e con la mail di conferma d'ordine con cui gli si inviano i biglietti è tutto finito. Nel secondo caso bisogna fare i conti con le spedizioni e quindi con gli eventuali ritardi dei corrieri, con le taglie dell'abbigliamento che non sempre vanno bene, con gli eventuali prodotti fallati, con i clienti che cambiano idea, e che quando si tratta di avere dei soldi indietro diventano improvvisamente maleducati. Senza contare che se un cliente decide di rendere c'è di nuovo da fornire l'assistenza alle spedizioni di reso, e poi la successiva restituzione del denaro che hanno speso. 
Durante le due settimane che precedono il natale tutti questi ordinari problemi che già erano il doppio del lavoro dei biglietti, vanno moltiplicati un'altra volta per due. Perciò se X è il carico di lavoro che nel 2009 contribuì a farmi  esplodere e poi volare 8 mesi in america per riprendermi, provate ad immaginare cosa possa essere per me X moltiplicato 4.
Se non fosse che vivo in una casa meravigliosa e sto con un sant'uomo il cui sport preferito è rimettermi al mondo, a questo giro un paio di annetti in Australia non me li levava nessuno. 
E poi c'è Firenze che sto imparando a conoscere piano piano. A volte passeggio per la città e scopro angoli nuovi e mi si riempie il cuore. Ne vale davvero la pena vivere qui, questo posto lo sento veramente casa.
L'altra sera ho approfittato di una iniziativa del ministero dei beni culturali, che apriva gratis i musei della città per quattro ore. "Andiamo a vedere il David all'accademia!", ci siamo detti. Ma poi la fila chilometrica ci ha fatto desistere. Poi tanto per scrupolo siamo passati davanti agli Uffizi, e la fila era ancora più lunga. Stavamo quasi per rinunciare, però poi abbiamo deciso di passare a vedere com'era la situazione a Palazzo Pitti, e sorpresa, non c'era già più fila.
Palazzo Pitti è un palazzo costruito con pietre così grosse che se nel 2012 verrà veramente l'apocalisse quello sarà uno dei pochi edifici al mondo che rimarrà in piedi. Si tratta di una reggia bellissima, che è stata anche residenza della famiglia Medici. Ovviamente da buona ignorantona non avevo la minima idea di quanto valesse la pena una visita, e da buona tirchiona non avevo mai speso i soldi del biglietto d'ingresso. Ben vengano queste iniziative ordunque! Dopo due ore passate fra dipinti meravigliosi, lampadari immensi, carta da parati da sogno, mobilia sfarzosa, affreschi da capogiro, si esce di lì veramente sazi di arte e di storia. Quando ero stata di fretta a Firenze da turista andai solo agli Uffizi, a santa maria novella e al duomo e feci molto male. Presto ritenterò comunque la visita all'accademia, anche se ci sono passata oggi e c'era ancora la stessa fila...

mercoledì 1 dicembre 2010

La grande G

Ogni giorno, quando vado al lavoro, passo davanti all'azienda della grande G. Praticamente si tratta di uno dei tre marchi più influenti nella moda al mondo, quasi un'entità astratta, che a volte ti chiedi se esiste veramente un posto fisico da dove escono tutte quelle belle borse. Qualsiasi fashion blogger sarebbe disposto a sacrificare la propria madre per lavorare dentro a quel grande edificio tirato a lucido. I loro dipendenti, appena entri nella tramvia li riconosci perché sono ricoperti dalla testa ai piedi del loro marchio. Praticamente ti vedi queste ragazze in tacco dodici, che sfoggiano scarpe, borse, portachiavi, foulard e qualcuna anche l'elastico per capelli. Uno dei miei colleghi un giorno ha chiesto ad una di loro se la roba gliela regalano, e la risposta è stata "no, però ci è stato caldamente imposto di vestire così". Che dire, avranno sicuramente degli ottimi stipendi, ho pensato sul momento. Poi qualche tempo fa, sbirciando le offerte di lavoro online ho visto un annuncio le cui caratteristiche gridavano "cerchiamo una persona per il customer care dell'azienda della grande G", anche se non c'era scritto da nessuna parte ed era stato pubblicato da un'agenzia di selezione del personale. Visto lo stipendio promesso, ho pensato che valeva la pena di tentare anche solo per farsi un giro dentro quel maestoso palazzo. Ho inviato il curriculum e sono stata subito chiamata per il colloquio in agenzia. La neolaureata che faceva le selezioni me la sono sciroppata come niente, e due giorni dopo mi ha richiamato per dirmi che avevo ottenuto un colloquio per l'indomani alla sede della grande G. A quel punto ci sono stati cinque minuti di panico, perché non essendo una fashion victim, avevo paura che se mi presentavo come mi vesto di solito non mi facessero nemmeno entrare. Appena uscita dal lavoro infatti mi sono fiondata a fare spese, che tanto ne avevo bisogno comunque. Non è scritto da nessuna parte, ma è risaputo che quando si va a fare un colloquio alla sede di un'azienda del genere il tailleur è d'obbligo. Siccome io invece sono fatta a modo mio e un tailleur non me lo voglio mettere neanche per scherzo, ho ben pensato che non ci vorrei mai lavorare per un'azienda che impone canoni di abbigliamento così rigidi ai propri dipendenti. Quindi, per andare a fare il mio tour curiosone dell'interno azienda della grande G, ho optato per la giacca del tailleur sopra a un paio di jeans stilosi, perché secondo me le persone senza giacca lì vengono uccise da un cecchino sul vialetto di ingresso. Non mi sono sbagliata di molto. Appena varcato il cancello una guardia giurata con la pistola bene in vista mi ha chiesto i documenti e mi ha rilasciato il pass, poi mi ha indicato l'entrata per la prima reception. Una volta dentro ho realizzato quanto fosse tutto perfetto. Soffitti altissimi, piante enormi, e receptionist in tailleur nero. La signorina mi vede a mezzo busto ed è gentilissima, poi aggira il bancone per indirizzarmi alla seconda reception e guarda sdegnata i miei jeans mentre mi dice di andare in fondo al corridoio e poi girare a sinistra e poi a destra. Alla fine del labirinto sono arrivata nel palazzo attiguo, bianchissimo, dove c'era una seconda reception. Era tutto talmente immacolato che sembrava di essere sulla luna. Si accomodi sul divano bianco, la responsabile e-commerce sarà subito da lei. Venti minuti dopo ero ancora su quel divano, quando è arrivata un'altra candidata al posto, in rigoroso tailleur nero, e si è seduta nel divano di fronte al mio. Dopo altri venti minuti di sguardi di sfida tra me e l'altra pretendente sono stata chiamata al piano superiore. La signora responsabile vestiva un tubino smanicato corto e l'immancabile tacco dodici. Come si dice, mettersi comodi per andare in ufficio. Mi ha dato la mano e mi ha squadrato da capo a piedi, poi parlando e vedendo che ero una persona competente, si è profusa in chiacchiere da addetti ai lavori. Alla fine mi ha detto che la mia specifica esperienza nel settore abbigliamento era ancora troppo breve e perciò non mi avrebbe assunto subito, che però mi avrebbe tenuto sicuramente presente per il futuro. Sono uscita da lì quaranta minuti dopo e l'altra poveretta ormai era diventata un soprammobile perfetto. Spero che le abbiano dato il lavoro, anche se dubito perché uscendo ho intravisto un logo enorme di un'azienda concorrente sulla sua borsa.


lunedì 29 novembre 2010

Wikileaks

Il mio ultimo post è capitato a fagiuolo a proposito di ciò che sta succedendo nel mondo. Come tutti sapete wikileaks, e quindi internet, ha permesso la pubblicazione di file segreti, contenenti gli affari privati dei governi del mondo. Molti sostengono che è inutile, perché tanto nel breve periodo non cambierà niente, e probabilmente avranno ragione. Io invece ho pazienza e sono una fan del lungo periodo. La storia ci insegna che alla fine chi doveva pagare ha pagato (in alcuni casi anche chi non doveva, ma questo è un altro discorso, perché uno può anche decidere di morire per un'idea). Oggi la domanda etica principale è: il popolo è rimasto all'oscuro dei traffici loschi dei governi fin dai tempi degli antichi greci, non era meglio che continuasse a vivere tranquillo anche adesso? Io a questa domanda rispondo no, perché in questo periodo storico non si vive tranquilli proprio per niente. I nuovi media hanno un tale raggio d'azione che perfino l'ultimo abitante della Patagonia ha le paturnie riguardo al proprio futuro. Nel 2010 ormai è impensabile anche per un bambino di rubare le caramelle e poi nascondere la mano, fare un sorriso e poi fare finta di niente. Tutte le nostre vite ormai sono loggate da scambi continui di mail, sms, chat e messaggi privati nei social network. E dove non arrivano le comunicazioni private, ci pensiamo noi a pubblicare contenuti pubblici su facebook, twitter e blog. Oramai è impossibile tenere nascosto qualcosa, addirittura c'è chi segnala costantemente la propria posizione su foursquare e simili. La trasparenza è ormai un obbligo involontario. Le persone hanno anche imparato a comunicare di più tra di loro utilizzando le varie forme a loro disposizione evitando così di subire ingiustizie in silenzio. Se dio vuole presdelcons e i suoi simili hanno le ore contate.

sabato 27 novembre 2010

Benigni a vieni via con me

Se proprio non siete delle capre disinformate, avrete sicuramente già visto o sentito parlare del monologo di Benigni a vieni via con me. Se vi è sfuggito vi consiglio di guardarlo, perché è un pezzo di storia d'Italia. 
Io credo che in questo periodo storico, internet sia la salvezza del popolo. Il più potente di tutti continuerà sempre a fare quello che gli pare senza la minima vergogna, e a restare attaccato alla sua poltrona con le unghie e con i denti. Lui continuerà comunque a rigirare le frittate secondo il suo tornaconto, e a raccontare a chiunque gli si presenta davanti che lui è un santo. In realtà è uno di quei santi capaci di ridere il giorno in cui tutti gli altri piangono. Ma internet dicevo, è la salvezza. Internet è l'unico posto talmente vasto dove la verità non può essere nascosta a chi sa cercare bene, dove tutti sanno che il re è nudo anche se non hanno il coraggio di dirlo in pubblico. Poverino  il re, che fatica che deve essere per lui sostenere lo sguardo di chi sa. Io non me ne intendo, ma la coscienza sporca  di uno che fa pagare all'ignaro popolo i suoi sbagli deve essere effettivamente molto difficile da sopportare.


venerdì 26 novembre 2010

L'incubo

Ho fatto un brutto sogno. Ho sognato che vivevo in un'isola felice, dove gli abitanti convivevano in pace, consapevoli delle guerre che c'erano fuori dall'isola. Poi i potenti del mondo se ne sono accorti  all'improvviso e l'hanno invasa per giudicare dall'alto lo stile di vita del posto, senza conoscere le singole persone. Sull'isola purtroppo ci viveva anche Giuda, l'unica persona veramente cattiva, che ha fatto i nomi degli abitanti che secondo lui meritavano di morire. Gli abitanti sono stati messi tutti in fila, e io ero l'ultima. Hanno chiamato il primo della fila e gli hanno sparato un colpo in testa. Panico, ansia, pianti e urli fra i restanti candidati al patibolo. Il secondo ha fatto l'occhiolino a Giuda, e infatti è stato risparmiato. Da quando hanno ucciso il primo fino a quando è venuto il mio turno, sono passate le tre ore più lunghe della mia vita. Io assistevo impotente alle fucilazioni, e mentre accadeva sentivo i potenti discutere su cosa fare con me. "Lei merita di morire", urlava a gran voce Giuda, "lei va salvata" controbatteva il saggio dell'isola che è stato risparmiato per rispetto.  Giuda mi voleva morta perché mentre tutti lo vedevano sotto forma di agnellino io avevo capito  (anche se non del tutto) con che razza di persona avevo a che fare.  Io sudavo freddo e i potenti non sapevano cosa farne di me, e nel frattempo avevano ucciso metà dei miei amici. Poi quando il mio turno è arrivato ho chiuso gli occhi e la pistola ha fatto click perché si è inceppata:  solo a quel punto mi hanno detto che per il momento ero stata graziata.
Sogni come questo non li auguro al mio peggiore nemico, però a quel Giuda sì. Spero che venga un giorno in cui io potrò sognare lo spettacolo della sua pubblica esecuzione, anche se si tratta di un personaggio immaginario sepolto nell'inconscio dei miei incubi.

lunedì 22 novembre 2010

Il precariato è una piaga sociale

Vi racconto una storia inventata. C'era una volta una persona che quando è rientrata dagli Stati Uniti si è ritrovata alla ricerca urgentissima di un lavoro, e avendo pure avuto il lusso di trovarne uno che le piaceva e pure dove voleva, si è accontentata del contratto che le è stato proposto, anche se la retribuzione è inferiore alle sue reali capacità.
All'inizio credeva che sarebbe bastato farsi conoscere, e che se lo stipendio era basso poteva comunque lavorare meno rispetto ai suoi standard e prenderla alla leggera. Addirittura per farsi andare bene il famigerato contratto a progetto, ha pure pensato che un po' di elasticità in più le avrebbe dato l'opportunità di fare più cose e con meno pensieri.
Invece no. Il demone della frustrazione per una carriera decennale mandata a puttane ha iniziato ad insinuarsi nel suo cervello, ponendole come unico obiettivo l'agognato riconoscimento professionale. 
La paura che questo contratto precario non le venga rinnovato quando scadrà a Giugno prossimo l'ha spinta a lavorare fino a dodici ore al giorno, passando ogni singola pausa pranzo davanti al pc. Questo lavoro le sta succhiando l'anima, sta assorbendo ogni sua più piccola parte perché disgraziatamente quello che fa le piace tantissimo. Oggi non si sentiva bene di salute, e ha passato l'intera giornata a rispondere a mail di clienti direttamente dal letto. Tutti i suoi colleghi e capi continuano a dirle che è brava e che fa bene il suo lavoro, ma tutto finisce lì. Generazioni di persone sono morte per le lotte sindacali e tutto è stato cancellato da un colpo di spugna. La persona guarda le foto dei suoi viaggi e si chiede se ritornerà un giorno in cui avrà 5 settimane all'anno retribuite da utilizzare come ferie. Ormai ci ha perso le speranze. Anche il sogno di avere un giorno una casa sua, sta lentamente evaporando. Pensa al santo che la sopporta che dopo essere tornato dagli Stati Uniti si è licenziato da due lavori, prima di trovare quello giusto per lui con un contratto degno di questo nome, e si sente una codarda se non trova il coraggio di fare lo stesso. A volte spera di poter realizzare qualcosa di suo e mettersi in proprio, ma in quel caso poi la controindicazione è che non potrebbe mai prendere e andarsene, perché lei è fatta così, si alza una mattina e decide di andare a vedere com'è il Giappone, un'altra si trasferisce in America e chissà cosa combinerà domani. Lavorare intensamente e viaggiare spesso per ricaricarsi costituiscono la sua ricetta personale di antidepressivo contro quel mal di vivere che ormai è radicato nel profondo. La prossima meta per la cronaca sarà Valencia a Gennaio. Natale invece lo trascorrerà lavorando. Su ciò che verrà dopo ci sta ancora riflettendo, perché ha una morale che rema contro tutto questo. Ha un tarlo in testa che non capisce perché quasi tutte le aziende italiane devono far fare la fame a persone interne che si fanno il culo ogni giorno, per poi dare tutti quei soldi che li farebbero stare meglio a pochi stronzi vestiti bene, che differiscono dagli altri solo perché hanno avuto il coraggio di aprire una partita iva, e sanno parlare bene in pubblico. Riguardo alle effettive capacità della gran parte di questi signora mia non mi faccia parlare che è meglio, e la mia in realtà è tutta invidia perché vorrei essere come loro ma madre natura non mi l'ha fatta abbastanza falsa. Fine della storia.


martedì 2 novembre 2010

Week-end a Napoli

Tutto è iniziato un mesetto fa.
kay: per il ponte dei santi tutti voli economici sono pieni. o spendiamo tanto o stiamo a casa.
socio: no a casa no. semmai andiamo via in treno.
kay: e dove potremmo andare in treno?
socio: a Napoli per esempio.
kay: ma a Napoli c'è la monnezza.
socio: quella è solo spazzatura mediatica, il centro sono sicuro che è pulito.
kay: scommettiamo che non è così?

Purtroppo ho vinto la scommessa, ma sono comunque contenta di essere andata. Sabato pomeriggio abbiamo fatto tappa alla Reggia di Caserta, che non ha niente da invidiare a tanti altri famosi palazzi reali. Le stanze e il giardino sono davvero belli. Poi abbiamo proseguito per Napoli, e siamo stati accolti da un viale Umberto I° veramente stracolmo di spazzatura. Lì per lì mi stava prendendo male. Gli abitanti sembrano assuefatti, ma lungo certi tratti l'odore è davvero fastidioso. In serata abbiamo fatto un giro romantico sul lungomare che invece era pulito. Domenica mattina sveglia presto per andare a Pompei con la circumvesuviana. Meraviglia delle meraviglie: io pensavo fosse un sitarello piccolo ed invece c'è più roba che ai fori romani. L'antica cittadina è ancora molto ben conservata, ci sono anche tre anfiteatri. Le strisce pedonali di pietra proprio non te le aspetti. Ho trovato molto interessanti i dipinti dentro alle case, e sconvolgenti i calchi di gesso delle persone morte sotto l'eruzione. L'area è infatti dominata dall'imponente vesuvio, che sovrasta tutto e incute ancora timore. Mentre in tutta Italia diluviava, lì c'erano venti gradi e un bel sole, non potevamo trovare clima migliore. Nel pomeriggio siamo tornati a Napoli e ci siamo tuffati nel centro storico, nella zona chiamata spaccanapoli. Il tempo sembra si sia fermato almeno a quarant'anni fa. Le signore calano i cesti dal terrazzo e il fornaio gli mette dentro il pane. I panni sono stesi col filo girevole che va da un palazzo all'altro. Tutti sono sorridenti e spensierati, e purtroppo hanno la mano pesante sui clacson. Le pasticcerie vendono babà e sfogliatelle. I negozietti hanno già iniziato a vendere le statue del presepe. Alla fine del giro arriviamo in via Toledo, e dopo aver passeggiato fra i negozi, sbuchiamo in piazza del Plebiscito: sì, è davvero bella come dicono. Lunedì mattina invece siamo saliti al Vomero con la funiculì funiculà, e abbiamo potuto ammirare il panorama mozzafiato di Napoli vista dall'alto. A pranzo ci siamo regalati un'ottima pizza da Di Matteo, un pizzaiolo famoso della città. Al pomeriggio ci siamo rimessi in viaggio per tornare a Firenze. Napoli alla fine mi è piaciuta, e sono comunque contenta di essere andata. Mi ha ricordato un po' Genova e un po' Madrid però condite con tanto chiasso in più.

venerdì 15 ottobre 2010

Glue Firenze

In queste giornate di lavoro intenso per avere voglia di uscire la sera di un giorno infrasettimanale bisogna veramente imporselo. Ieri sera c'è stata l'inaugurazione del Glue, un nuovo spazio artistico-musicale a Firenze. Il locale è ricavato da un vecchio circolo le cui pareti sono state ridipinte, tipo il Bronson. La fauna che popola questo genere di locali è più o meno sempre la stessa in tutta Italia, e perciò mi sono sentita a casa, anche senza le solite facce note. Sul palco c'erano Fiumani che ha cantato in versione solista e Baronciani che disegnava in tempo reale visi che venivano proiettati ingigantiti sulla parete. E' stata una serata carina, peccato solo che siamo dovuti andare via presto per prendere l'ultimo autobus utile a tornare a casa ad un ora decente. Mi sembra di essere tornata adolescente a fare le corse per i mezzi pubblici, però questa vita "a piedi" inizia a piacermi. Fino a qualche anno fa non avrei mai immaginato di dirlo, ma si può vivere bene anche senza automobile.


mercoledì 13 ottobre 2010

Work work work

Il sito per cui lavoro ha aperto da poco, e dopo un primo periodo di assestamento è finalmente andato a pieno regime. Dopo i primi due mesi passati a studiare intensivamente il marketing della moda dall'interno, è finalmente giunto il momento di applicare la teoria alla pratica. 
Dicevamo, questo sito ora è pronto per essere preso d'assalto da tutti i fashion victim del pianeta, e io pure sono pronta per accoglierli tutti a braccia aperte attraverso il customer care. Questa che a prima vista sembra la parte più brutta e difficile del lavoro, è in realtà l'unica che presume una continuità di contratto (altrimenti chi risponde ai clienti?), e per questo mi ci sono buttata a capofitto, togliendo l'incombenza a chi preferisce fare altro. Il mio contratto però recita "customer care e social media", e siccome dopo il salato bisogna che ci sia sempre qualcosa di dolce, ieri ho aperto la relativa pagina di twitter e ho iniziato a sperimentarne l'utilizzo in ambito lavorativo. Racimolare nuovi followers per una startup aziendale è dura, ma piano piano si può fare. Un altro aspetto del lavoro sarà il monitoraggio della brand reputation, cioè cosa si dice di noi in giro per la rete, per intervenire prontamente a rispondere costruttivamente in caso di critiche. Insomma, sarà una sorta di servizio clienti propositivo e con le orecchie aperte. Per il resto ogni tanto scrivo qualcosa sul magazine e le giornate scivolano via così, tra una mail e un post.


martedì 28 settembre 2010

Le ultime parole famose

Proprio ieri scrivevo qui che gli abitanti del mio stabile non erano ancora pervenuti, e mentre rientravo a casa dopo il lavoro ho fatto uno strano incontro.
Stavo camminando nella mia via, e ho visto da lontano il portone di casa richiudersi. Quando l'ho aperto per entrare ho visto una strana tizia che prendeva a calci la porta dell'ascensore imprecando contro "quegli imbecilli e quegli stronzi". Non me l'aspettavo e perciò sono rimasta ferma davanti all'entrata per tre/quattro secondi a fissarla con la bocca aperta fino a quando non ha specificato "quegli imbecilli e quegli stronzi che si dimenticano la porta dell'ascensore aperta, che quando lo chiamo non viene giù". Poi quella che d'ora in poi su questo blog sarà chiamata la VicinaPazzoide si è incamminata a piedi su per le scale, e io non potendo fare altro l'ho seguita. Dopo tre piani di silenzi miei e di imprecazioni sue, si è fermata davanti alla porta di casa sua e io ho cercato di proseguire mentre lei mi ha rivolto la parola. 
VicinaPazzoide: AH!! Lei va pure di sopra!! Dove è rimasto fermo l'ascensore!!
Kay: sì, ma io sono uscita di casa stamattina presto e quindi non può essere colpa mia, oltretutto vivo da sola.
VicinaPazzoide: allora è colpa di quegli imbecilli, quegli stronzi suoi dirimpettai a cui gliel'ho già detto due volte che la porta va richiusa.
Kay: boh. Probabilmente sì.
VP: scusi ma lei chi è che non l'ho mai vista??
K: vivo qui da poco più di una settimana.
VP: ma si ferma poco per turismo o ha intenzione di stare qui?
K: lavoro a Firenze, avrei in previsione di stare finché dura.
VP: allora un giorno mi farà entrare in casa sua. Sa, io vivo in questo palazzo da tanti anni e ho visitato quasi tutti gli appartamenti. Il suo ancora mi manca.
K: ah, ok, vedremo, mi scusi ma ora devo proprio andare perché devo fare una telefonata urgente...
VP: davvero sa, lì accanto una volta ci abitavano due ragazze messicane così gentili, il loro appartamento era arredato come una favola. Andavo spesso a trovarle per prendere un te.
K pensa: oddio questo suona come una minaccia. 
K dice: lei è molto fortunata a vivere nel centro di questa bella città da così tanto tempo sa?
VP: insomma, non vedo mai gli alberi e i prati, solo palazzi cemento e case, capito? niente verde! solo cemento!
K pensa: eh forse una gita in campagna non le farebbe male...
K dice: ora devo andare, buona serata!
VP: a presto!
K pensa: anche no.

lunedì 27 settembre 2010

Sopra ai tetti come i gatti.

Utilizzando principalmente il blog come valvola di sfogo, può verificarsi l'effetto collaterale per cui quando si sta bene non si scrive nulla. La mia microcasa fortunatamente non ha rivelato difetti insostenibili. In america ho imparato che abitando vicino ad una buona lavanderia a gettoni si può vivere anche senza lavatrice. Quando penso che sarebbe stato meglio disporre di un armadio più grande, poi ripenso a tutti quei mesi vissuti con una sola (enorme) valigia, ma pur sempre una sola.
In casa mi ritrovo a passare ore affacciata alla finestra guardando i tetti. E' la prima volta nella mia vita che vivo ai piani alti di un centro storico e ciò che vedo dal terrazzino è pura bellezza, sia la casa scalcinata dei primi novecento dove vivono gli studenti con i loro vestiti ammassati, sia la casa recentemente ristrutturata ed  arredata con antiquariato doc. Nei primi giorni ho subito realizzato che avere una tenda è di vitale importanza. La famiglia della finestra di fronte invece dev'essere di origine olandese. Non ho mai visto quella finestra chiusa, nemmeno durante le giornate di pioggia. Da quello che vedo si tratta di un salotto che viene utilizzato anche come sala da pranzo. La famiglia cena alle otto tutte le sere quando madre, padre, figlio e le due figlie si riuniscono. Alle sette di mattina allo stesso tavolo c'è il padre che legge il giornale. Alle sette e mezza si affaccia una delle figlie per fumare una  sigaretta. Una notte mi sono svegliata alle quattro e c'era il figlio al buio, con il volto illuminato dalla luce del pc portatile. No, non sto tutto il tempo a guardare loro, però insomma, sono lì davanti e se guardo fuori sono la prima cosa che vedo. Gli abitanti del mio condominio invece non risultano pervenuti. Non ne ho ancora incontrato nemmeno uno, però ho appurato che esistono perché l'ascensore si muove. Davanti ad una porta del secondo piano ogni tanto c'è una bicicletta, che scompare quando il proprietario la usa. Al primo piano invece c'è un cagnolino che piange sempre, lo sento quando passo per le scale. Fortunatamente i suoi guaiti non giungono fino all'ultimo piano, altrimenti avrei sicuramente conosciuto il proprietario. 
Queste giornate le ho passate a localizzare i negozi di prima necessità nelle vicinanze. Ho già individuato il forno, il supermercato, il frutta e verdura, il ferramenta e come vi dicevo prima, la lavanderia a gettoni. Avere un ipercoop a portata di tramvia poi fa sempre comodo, nel caso la persona che dovrebbe offrirsi volontaria per accompagnarvi all'ikea manifestasse la sua ritrosia nei confronti del ciarpame svedese (cit.). 
Insomma, come si può capire, in questo periodo vorrei fermare il tempo. I primi giorni in questa casa nuova avevo, come dire, "paura di sentirmi troppo sola", ed invece è tutto il contrario. Forse per questo devo ringraziare il fatto di essere figlia unica.  Quando arrivo lì dentro e mi chiudo la porta alle spalle dopo una luuunga giornata di lavoro, mi sento al sicuro. Indosso le mie pantofole, accendo lo stereo, mi cucino le cose che mi piacciono e ancora non ho sentito nemmeno la mancanza di internet, visto che comunque ce l'ho a disposizione tutto il giorno in ufficio. Ogni tanto un po' di disintossicazione ci vuole.

lunedì 13 settembre 2010

Casa dolce casa

A causa di un imprevisto, la visione del bilocalino in centro è stata rimandata a domenica. 
Domenica, ieri, era il dodici. Questo significa che mancavano solo tre giorni alla data di scadenza delle chiavi di quella che ormai sarà tramandata ai posteri come la casa del karma negativo. Vi potete immaginare tutta l'ansia e la paura di non trovare un posto in tempo. E poi invece tutto è bene quel che finisce bene, chiusa una porta si apre un portone, la crisi ha generato l'opportunità, e altre trentasette di queste ovvietà.
Alla veneranda età di trentun anni posso finalmente dire che vivo da sola. Considerato che avrei avuto questa esigenza dai venticinque, posso solo aggiungere un'altra scontatezza: meglio tardi che mai.
Appena sono entrata ho avuto un colpo di fulmine, per me era più che perfetto. Il bagno la camera e il cucinotto sono microscopici, però ho il parquet e le travi a vista.
Ho detto solo due parole: lo voglio. 
Uscire da lì e ritrovarsi in centro nel flusso dei turisti è stato poi straniante, niente più periferia desolata e palazzoni popolari. Di sicuro non mi mancheranno, perché ci passerò davanti con la tramvia ogni giorno per andare al lavoro, ma va benissimo così. 
Due ore dopo mi ci ero già trasferita. Io e il socio abbiamo fatto una spedizione in versione muli da soma con zaini e valigie, e quell'appartamento psycoforno si è subito trasformato in un brutto ricordo.
Quando siamo ritornati, mi sono seduta sul divano e ho realizzato. "Io vivo qui, ho uno spazio tutto mio".
Un bel momento, decisamente.
Dopo essere tornata dall'america facevo fatica a trovare una ragione per andare in ufficio ogni giorno. Avendo passato nove mesi senza lavorare, mi si era instillata un inusuale vocazione alla libertà, e in questi ultimi tempi mi sono davvero dovuta costringere per portare il mio culone sull'autobus.
Siore e siori, da oggi ho un motivo.


giovedì 9 settembre 2010

Packing

Vi aggiorno, altrimenti state in pensiero. Pdc ieri sera ha cambiato idea e invece di venire di persona le ha telefonato. Per il momento ha vinto lei, che continua ad impestare la cucina con i suoi odori di fritto e non accenna a mettere in valigia nulla. Io invece inizierò a fare le valigie stasera, felice di farlo. Vivere in centro sarà sicuramente meglio, di sicuro ci saranno meno facce tristi in giro. L'altra ragazza invece è sparita da tre giorni, e a casa c'è ancora tutta la sua roba. Che gente strana. Uno di voi ieri mi ha detto che dovrei rimanere lì, perché il mio blog così ritornerebbe ad essere interessante. Ma stiamo scherzando? La vita ti presenta da sola grandi difficoltà anche senza andarsele a cercare. Potrei capire l'idea di fare un viaggio per arricchire i contenuti, ma per il resto... anche no. Il blog può sopravvivere anche senza coinquilini psicopatici. A proposito, non vedo l'ora che sia sabato.

mercoledì 8 settembre 2010

Addio. Non è stato bello.

Al 99% dovrei aver trovato una nuova sistemazione. Un santo mi salverebbe dal dormire sotto a uno dei tanti ponti fiorentini, affittandomi il suo appartamento sfitto in centro a un buon prezzo. Uno dei miei ex-coinquilini bolognesi di cui mi fido ciecamente, c'è stato e dice che il posto è molto bello. Purtroppo potrò vederlo solo sabato.
Nel frattempo, suspance.
pdc: pronto? ti chiamavo per dirti che mi sono rotto le palle di quelle due.
kay: che coincidenza, anch'io.
pdc: no, forse non mi sono spiegato. lo so che tu non hai nessuna colpa, ma io avevo deciso di sbatterle fuori entrambe.
kay: bene. avevi?
pdc: sì, solo che una delle due si è barricata nella stanza e dice che di lì non se ne va. per stanarla ho deciso che dal quindici staccherò le utenze, così vediamo quanto ci resiste senza luce e gas.
kay: che soggettino.
pdc: già, perciò anche tu dal quindici sei fuori casa.
kay: ma oggi è il sette.
pdc: infatti ti restituisco metà dell'affitto.
kay: bene, tanto avevo già deciso di andarmene. se mio padre viene a sapere di quella situazione, tre minuti dopo arriva sotto casa e mi riporta al paesello senza passare dal via. Non avrebbe tutti i torti.
pdc: perfetto, allora siamo tutti contenti. stasera comunque torno lì e faccio un casino.
kay: ancora?? 
Quasi quasi stasera invece di stare fuori tutto il tempo passo dal supermercato e compro i pop corn. Però ascolto da dentro la stanza con la porta chiusa a chiave.


martedì 7 settembre 2010

Si salvi chi può

Padronedicasa: pronto? che è successo sabato?
kay: eh?? che è successo sabato? io ero al mio paesello, non so nulla.
pdc: ah non c'eri? e quindi non sai chi ha cominciato?
kay: no ma...
pdc: non le hai nemmeno incontrate in corridoio? non hanno dei segni sulla faccia?
kay: ohmadonna fermati. mi spieghi cosa cavolo è successo?
pdc: eh presente che le tue coinquiline non andavano d'accordo fra di loro perché una aveva fatto la spia per quella faccenda scomoda e l'altra non gliel'ha mai perdonata?
kay: e chi se lo dimentica, ogni volta che si incrociano in cucina si mandano a quel paese.
pdc: ecco, pare che sabato siano venute alle mani.
kay: oddio.
pdc: oddio lo dico io, perché una ha denunciato l'altra e io non voglio problemi. stasera vengo lì e faccio un casino.
kay: ok, stasera sto fuori di casa, addio.

Già da un paio di settimane visto il clima praticamente tornavo a casa soltanto per dormire, ma mi sa che ora è giunto il momento di cercarsi un'altra sistemazione con urgenza. In questi giorni vedo case, faccio cose, vedo stanze, vedo gente. Vi aggiorno.

venerdì 27 agosto 2010

Social asocial

In questi ultimi tempi ho rilevato che l'immaginario collettivo per quanto riguarda chi fa il mio genere di lavoro spesso commette un grande errore di valutazione.
Più o meno l'iter dell'aspettativa che si crea è questo: lavori nel marketing = in sostanza fai la pr di qualcosa = sei sicuramente una persona più che socievole nella vita reale. Questo è indubbiamente vero per chi si occupa di marketing tradizionale. Quando invece l'effettiva occupazione è il social media marketing le cose cambiano, eccome.
Elena Franco su BuzzTrainers giusto ieri sottolineava che non si diventa esperti di promozione on-line in due giorni: è infatti necessario un lungo tempo di studio e monitoraggio delle dinamiche sociali sul web.
Da qui, applicando la logica si arriva alla conclusione.
Salvo rari casi, chi si è ritrovato a fare questo lavoro, lo fa anche perché negli ultimi 5 o più anni, ha trascorso davanti al pc dalle 8 alle 12 ore quotidiane, ogni singolo giorno (periodi di ferie esclusi). Ora, se fate due più due, potrete anche voi capire che una persona che dopo aver lavorato otto ore in ufficio davanti a un pc, molto spesso torna a casa e ci passa contenta le successive quattro ore a chiacchierare con le persone attraverso un monitor, non è esattamente ciò che definirei un party animal. Poi ovviamente ci sono i giorni in cui la luna gira bene, e anche gli orsi escono dalle tane e danno il meglio di sé, ma ciò avviene di rado. Tipo ieri sera alla cena aziendale c'è chi giura di avermi visto ridere e scherzare, ma non esistono foto e non ci sono prove, a parte una bottiglia vuota di amaro del capo che ora probabilmente si trova dentro a un cassonetto di fronte a uno dei tanti pizzaman fiorentini.

mercoledì 25 agosto 2010

Critiche costruttive

Chi mi segue su twitter già sa che per lavoro, tra le altre cose sto monitorando la fashion blogosfera. Dopo un paio di mesi di letture non riesco a non fare un'analisi antropologica a confronto con la blogosfera a cui sono sempre stata abituata io.
Nella fashion blogosfera non esistono critiche, nemmeno quelle costruttive. Io sono stata abituata con lettori che se vedono un piccolo errore ortografico dovuto ad una svista me lo segnalano immediatamente, e pensavo che trattandosi comunque di blog, la platea dei lettori non differisse così tanto.
E invece no. Questi fashion blog sono in buona parte ricettacolo di errori-orrori, specialmente quando chi scrive azzarda traduzioni in inglese, e nessuno gli dice niente. Una tizia sta scrivendo "cancellarò" invece di "cancellerò" da più o meno venti post e nessuno gliel'ha ancora fatto notare. Un'altra in occasione di una vacanza a New York continuava a scrivere ogni giorno saluti da new YOK, fino a quando sono sbottata e gliel'ho scritto. Si è offesa. Forse sono io che esagero per quanto riguarda la grammatica (qualcuno ha detto congiuntivo?), ma non è l'unico problema.
A queste fashion blogger sembra che tutto sia concesso. Pare che pubblicare le tue foto su internet ti renda a pieno titolo un'esperta di nuove tendenze. Non riesco a togliermi dalla mente colei che si è fatta fotografare con un paio di pantaloni a vita alta e cavallo basso che pur essendo una bella ragazza la facevano sembrare un'anaconda. Il punto non è lei però, perché a vent'anni le cantonate le abbiamo prese tutti. Il problema sono i suoi commentatori. Su 40 commenti non ce n'era uno realista. Tutti le sbrodolavano addosso dei "coooome staaai beeeene" più falsi dell'ottone. Con quaranta commenti così chi non si convincerebbe di essere veramente cool?? La nuova netiquette sta mettendo in ombra il concetto di critica costruttiva, e questo non va bene. L'unica persona sincera in mezzo a tanti leccaculo che sperano solo in un link o in una citazione, rischia di fare la figura del troll acido. Forse dovrei solo stare zitta davanti a tutto questo, perché costoro sono leve reali dell'economia, fanno girare una quantità di soldi enorme, e se tutto va bene finirà che pagheranno lo stipendio pure a me. Purtroppo per loro però, queste ventenni un giorno diverranno trentenni e si renderanno bruscamente conto che la vita non è tutta rose, fiori, bambagia, e vestitini rosa di chanel. 
Ma chi se ne importa di loro fondamentalmente? Tornando a me, che non riesco a non scrivere un post come questo che va totalmente contro ai miei interessi per una pura questione di coerenza e di etica, in questi giorni sono stata veramente combattuta e mi sono chiesta se davvero sarò in grado di fare il lavoro per cui sono stata assunta. Per quanto riguarda l'aspetto di customer care so già che non avrò problemi, perché questo tipo di compito l'ho già svolto ampiamente con successo. Per il resto ci proverò, anche perché sembra abbastanza chiaro che il mio account twitter personale e il mio blog personale sono e resteranno slegati da tutto il resto. Il lavoro è lavoro, e sono sempre stata abituata a prenderlo molto seriamente. Il mio blog invece è fuffa coerente, ma pur sempre fuffa.
Detto questo, ora posso ringraziare Manuel Agnelli per essere andato a Sanremo.

martedì 24 agosto 2010

Itinerario toscano

Forse i miei post in stile national geographic non vi sono mancati, ma vi posso assicurare che a me invece sono mancati tanto. Anche se cerco di riabituarmi gradualmente alla staticità, vedere posti nuovi è sempre stimolante. La italian society è partita in gita sabato mattina, per dimostrare alla sottoscritta che la toscana non è solo Firenze, e ci è riuscita benissimo.
Sabato l'abbiamo dedicato tutto all'esplorazione di Siena. Piazza del campo toglie veramente il fiato. Perdersi in tutti i vicoletti con la macchina fotografica è stato davvero bello. La serata è stata invece dedicata ad omaggiare un vino locale. Le foto della giornata sono qui
Domenica mattina ci siamo alzati di buon ora con lo scopo di visitare Pitigliano, un antico borgo etrusco. Purtroppo (o per fortuna) abbiamo mancato l'uscita della superstrada, e siamo arrivati fino ad Orvieto, che abbiamo deciso di visitare anche se non era in programma. La cittadina è stata costruita arroccata su una rupe, e vista da sotto è veramente spettacolare. Anche il borghetto è molto ben conservato. Le foto qui.
Da lì siamo ripartiti quasi all'ora di pranzo. Poco dopo ci siamo fermati in un ristorantino le cui pappardelle al cinghiale resteranno per sempre nella storia. A Pitigliano il tempo sembrava essersi fermato, e valeva la pena tutta la fatica fatta per arrivarci. La tappa successiva dopo avere attraversato tutta la maremma con Suburbs nell'autoradio era la vetta del monte Amiata. Durante questi giorni caldissimi un po' di fresco era veramente necessario. Poi siamo passati da Chianciano, dove siamo rimasti dieci minuti giusto per renderci conto che non c'era molto da vedere, e poco dopo abbiamo parcheggiato l'auto a Montepulciano che io credevo essere famosa solo per le rane dei Baustelle, e invece ho scoperto che lo è perché ci hanno girato un episodio di Twilight. In effetti non ci abbiamo trovato nessuna rana. La cittadina, nonostante twilight e Bianconi, è molto bella e caratteristica. Sulla via del ritorno siamo passati da Pienza, città nota per il famoso pecorino, ma non ci siamo fermati a scattare foto perché dovevamo rientrare a Siena per il concerto di Brunori Sas alla festa dell'umidità. Il concerto ha soddisfatto le aspettative, la pizzeria della festa no. Un'ora e mezza per una pizza cattiva è davvero troppo.
Lunedì mattina siamo ci siamo diretti subito all'abbazia di San Galgano, che è quel posto per cui è stata sicuramente creata la definizione di "cattedrale nel deserto". Questa costruzione imponente in mezzo al niente lascia veramente senza parole. Tutto intorno solo girasoli e cipressi. Sulla collina accanto c'è un'altra chiesa più piccola dove c'è conficcata una spada nella roccia dal 1180. Dopo essere sopravvissuti alla temperatura infernale raggiunta all'interno dell'auto parcheggiata al sole, abbiamo percorso una strada lunghissima dove in tutto abbiamo visto meno di venti case, colline di terra rossa e uno zilione di alberi, siamo giunti a Monteriggioni. In questo luogo dove pure il tempo si è fermato, c'è una cittadina chiusa dentro mura inespugnabili. Lì davanti c'è l'indicazione per percorrere la via Francigena, così se un giorno impazzisco e decido di andare a piedi in Inghilterra, so anche da dove partire. Dopo un ghiacciolo salvavita ci siamo diretti verso San Gimignano, che è stata l'ultima degna tappa della gita. Il borgo medioevale è un vero gioiellino, ed è invaso dai turisti da ogni parte del mondo. Ad un certo punto volevo prendere un muro a testate perché pur avendo visitato mezzo mondo, non ero mai stata in questo posto meraviglioso a sole tre ore da casa. Tutte le foto residue sono qui. Sospiro.